UN SOGNO DI PACE

UN SOGNO DI PACE
Sovvertire simboli, immaginare futuri

Ho sempre odiato la guerra.
O meglio, mi ha sempre fatto paura, forse proprio perché ci sono cresciuta in mezzo. Alle discussioni, alle porte che sbattono, a silenzi assordanti.
Non di certo la guerra con i kalashnikov, ma pur sempre guerra era.
E, proprio per questo, mi sono ripromessa che, se mai avessi avuto un figlio, a mio figlio non avrei mai comprato una pistola.
Cascasse il mondo, ma la pistola, no.

E succede che, oltre ad avere avuto un figlio, mio figlio ama – oltre che gli sputacchi e le pernacchie vessatorie – le spade, le bombe e le pistole.
Anche se chiaramente io non gliele compro.
E proprio perché non gliele compro.
Lui se le inventa.
Con qualsiasi mezzo a disposizione.

E, forse, mi viene da pensare, se penso a quando io ero bambina e se penso a lui e se penso al mondo, che la vita ha la guerra dentro.
Certo, non solo.
Per fortuna.

Ma la guerra c’è.
Eccome se c’è.
Ci sono guerre piccole, grandi, vere, finte, perpetue, silenziose, costose, sanguinose, pericolose. Molto pericolose.
Direi che possiamo affermarlo con risolutezza.
E penso che la voglio capire la guerra, e voglio provare, con i miei mezzi a trasformarla, anche solo di un millimetro.

E così un giorno è capitata una cosa.
Un giorno, un giorno qualunque, un pomeriggio qualunque. Una guerra qualunque.
Mio figlio giocava con Hasbro, il suo transformer di colore viola dalle fattezza decisamente poco concilianti.
E, dopo aver sparato, sputato, lanciato, ha preso uno stickers a forma di cuore e di colore argento e glielo ha attaccato sul petto.
Dritto, così, senza mediazioni, senza esitazioni.
Ha guardato Hasbro, ha appiccicato il cuore e mi ha consegnato questo pupazzo che da allora non è più stato lo stesso.

Lo dico senza retorica. Hasbro è diverso oggi. E così il gioco che facciamo insieme a lui.

E possibile, ho pensato.
Attraversare la guerra per costruire dei cenni di pace.
Accenni. Punteggiatura.
Movimenti. Traversate.
Verso noi stessi
e verso l’altro.


@Cecilia Campironi

UN SOGNO DI PACE è un progetto di Virginia Ruth Cerqua con Cecilia Campironi.
Nasce dall’urgenza di contribuire alla riflessione sulla guerra e sulla pace, coinvolgendo attivamente le nostre comunità e si sviluppa con i linguaggi del teatro, della scrittura e dell’illustrazione.

Un sogno di pace è un progetto composto da: 1 laboratorio di 13 incontri  +  1 giornata di workshop di comunità + 1 produzione di uno spettacolo teatrale.
Si può accedere al progetto, attivando la sezione a cui si è interessati, il progetto è inoltre modulabile a seconda di: età dei partecipanti, risorse, tempo a disposizione.
Il progetto si rivolge prevalentemente a scuole, enti culturali, teatri, fondazioni.

Tutte le attività sono concepite per andare insieme verso ed oltre la rappresentazione di uno spettacolo, immergendosi nelle emozioni e nelle esperienze della nostra comunità, aprendo uno spazio collettivo per dialogare e immaginare insieme nuovi mondi, per costruire, infine, una produzione che possa permearsi dei contributi della comunità, ed esserne così sua portavoce.